mercoledì 25 febbraio 2015

28 febbraio tavolo tecnico provinciale, si discute sulla Biomasse da 20 MW


Convocato tavolo tecnico ambientale contro la Biomasse di Pontinia




Tavolo tecnico contro il progetto della centrale a biomasse a Mazzocchio a Pontinia 


Dopo 11 anni dallo sciagurato intervento dell'amministrazione di destra di Pontinia di interesse verso la centrale a biomasse di Mazzocchio, si torna a parlare del temuto inquinamento delle emissioni cancerogene della centrale da 20 MW. La stessa società proponente ha ammesso che la tecnologia nel frattempo è migliorata, così come che non ci sono le biomasse necessarie nel raggio di 70 km da Pontinia e che a loro conviene importare il legno dal Sud America con le navi. Anche il proliferare senza controllo di centrali inquinanti a biomasse e biogas che stanno cambiando la provincia e le campagne in modo irrimediabile imporrebbe un ripensamento del progetto. La provincia di Latina e la Regione Lazio hanno evidenziato il mancato rispetto del progetto alle norme in materia di tutela dell'aria, dell'acqua e del suolo. Ma la minaccia continua ad aleggiare per gli abitanti di Pontinia, Sonnino, Priverno e Terracina che potrebbero ricevere il peso delle emissioni cancerogene. La provincia di Latina ha convocato la conferenza dei servizi per esaminare il progetto. Lunedì mattina si riunisce il tavolo tecnico che difende l'ambiente della pianura pontina dall'ennesima sciagura annunciata. 

lunedì 12 maggio 2014

I video del Convegno

i video del Convegno:

Il dopo convegno, la rassegna stampa: Cittadini uniti, amministrazione contraria al progetto


Le conclusioni del convegno di giovedì scorso 8 Maggio sono state ampiamente condivise da tutti, amministrazione compresa. Il progetto è dannoso per la salute dei cittadini e per l'ambiente, di conseguenza ne viene danneggiato il settore primario con tutto l'indotto. L'obiettivo da raggiungere - espresso chiaramente a fine convegno - è di deliberare contro l'impianto in questione. Per l'amministrazione di Pontinia, è un rinnovare l'ultimo documento ufficiale risalente al 2007 (il quale deliberava la salvaguardia della salute e la protezione del territorio da impianti nocivi), per le amministrazioni dei Comuni limitrofi è un primo vero passo verso la salvaguardia della salute dei cittadini della provincia di Latina.

La rassegna stampa del dopo convegno: 

Pontinia, no alla biomasse: i cittadini si mobilitano h24notizie.com

convegno a Pontinia per dire no alla centrale a biomasse sul Messaggero.it




L'intervento del Consigliere regionale Pernarella contro l'impianto d'incenerimento a Biomasse

Tutti contro la centrale, fronte unito tra Comune e cittadini


Salviamo l’ agricoltura e il turismo del nostro territorio, il WWF litorale pontino aderisce al Comitato


Il WWF litorale Pontino di Terracina, aderisce al comitato e scrive sul sito wwf litorale pontino questo comunicato:


Nella località di Mazzocchio del comune di Pontinia una società, la Pontinia Rinnovabili srl, intende insediare una centrale a biomasse. Il progetto ha ormai alle spalle una storia decennale fatta di ricorsi da parte di cittadini e dello stesso Comune e di tentativi da parte della società di scavalcare la volontà popolare superando le Istituzioni locali, Comune Provincia e Regione tutte contrarie, per appellarsi al Governo centrale.

 Da Wikipedia: Una centrale a biomasse è una centrale elettrica che utilizza l’energia rinnovabile ricavata dalle biomasse, attraverso diverse tecniche: l’energia può essere estratta sia per combustione diretta delle biomasse, mediante particolari procedimenti tendenti a migliorare l’efficienza, sia mediante pirolisi, sia mediante estrazione di gas di sintesi (syngas) tramite gassificazione. Il termine biomassa definisce qualsiasi materia organica (cioè derivata dal processo di fotosintesi clorofilliana) con esclusione dei combustibili fossili e delle plastiche di origine petrolchimica. Questa definizione raggruppa una varietà estremamente eterogenea di materiali: può trattarsi, ad esempio, di cascami dell’industria, di legname da ardere, di residui di lavorazioni agricole e forestali, di scarti dell’industria agroalimentare, reflui degli allevamenti, oli vegetali, rifiuti urbani, ma anche specie vegetali coltivate per lo scopo, come il pioppo, il miscanto, ecc.

 Il W W F prese posizione contro un tale intervento già nel 2007 con un documento redatto dall’associazione locale e firmato dal presidente regionale pro-tempore. centraleBiomasse Tale posizione venne confortata in un documento successivo, l’Energy Report WWF del 2011, in cui venivano elencate le modalità per raggiungere entro il 2050 il 100% di energia da fonti rinnovabili. L’elenco conteneva, ovviamente, energia solare, eolica, idroelettrica e geotermica e solo in mancanza d’altro e per centrali di piccolissima taglia si ipotizzava l’uso di biocombustibili liquidi e biomasse solide. 

La biomassa è assimilata per legge ad una fonte rinnovabile (lo è anche la frazione organica dei rifiuti!) in quanto, in un calcolo molto approssimato, ha assorbito nella sua crescita tanta anidride carbonica quanta ne emette nella combustione ma ha un forte e preoccupante impatto ambientale e sanitario a causa del processo di combustione cui viene sottoposta nell’impianto. 

La diffusione di tali industrie private, così vanno considerati tali impianti, è dovuto soprattutto ai meccanismi di incentivazione con denaro pubblico di cui godono. La localizzazione dell’impianto nel zona di Mazzocchiio chiama in causa tutti i Comuni che vi confinano; il territorio di Terracina è lì a due passi e ancora non si conosce una eventuale energica reazione della politica locale e dell’Amministrazione comunale. Il WWF Litorale Pontino che ha aderito al ComitatoNO BIOMASSE PONTINIA” sollecita i cittadini e gli amministratori a prendere coscienza della minaccia che grava sul nostro territorio e a sostenere le azioni del Comitato spontaneo.

giovedì 8 maggio 2014

un convegno per dire no

Si terrà giovedì 8 maggio, alle ore 18 presso l’aula consiliare di Pontinia, in Piazza Indipendenza il convegno organizzato dal comitato spontaneo “No centrale biomasse Pontinia”, un incontro promosso ”per informare la popolazione sui rischi alla salute e sui danni all’economia del territorio che la centrale in oggetto potrebbe provocare” fanno sapere dall’organizzazione. 

Interverranno il tecnico ambientale Giorgio Libralato, il dott. Gianpiero Baldi, medico Isde e presidente del comitato Bio Ambiente di Tarquinia e Stefano Proietti, agronomo. Il convegno si concluderà con un dibattito con il pubblico intervenuto e la possibilità di fare delle domande agli ospiti. Quello che si prospetta non è solo una discussione sul territorio di Pontinia dove da mesi, va avanti il braccio di ferro tra Comune ed una società per la realizzazione di un impianto a biomasse nell’area di Mazzocchio. L’Ente è contrario e per questo ha anche impugnato l’assenso alla realizzazione della centrale da parte del del Consiglio dei Ministri. 

La questione è aperta più che mai nella zona dei Lepini ed anche a Sabaudia dove tra borgo San Donato e Colle d’Alba sono stati presentati ben due progetti approvati dalla Provincia ed ora al vaglio del Comune. Alcuni residenti hanno anche presentato una petizione per sollecitare il comune ad indire un incontro pubblico sul tema. La risposta è arrivata dal comitato di Pontinia dove per l’appunto il tema biomasse verrà trattato a livello comprensoriale. 

Articolo pubblicato da h24notizie.com

mercoledì 7 maggio 2014

Mozione del Movimento 5 Stelle sul progetto della centrale a Pontinia

Il Movimento 5 Stelle presenta una mozione in Consiglio Regionale

COMUNICA STAMPA

“Questa centrale non si deve fare”

Il Movimento 5 Stelle presenta una mozione in Consiglio Regionale per  bloccare
il progetto della centrale elettrica a biomasse prevista nel Comune di Pontinia.

Il 6 maggio il gruppo regionale del Movimento 5 Stelle ha presentato una mozione al Presidente del Consiglio Regionale del Lazio, Daniele Leodori del Pd, sul progetto di costruzione della centrale elettrica alimentata a biomasse da 24 Mw a Mazzocchio, nel comune di Pontinia.  La mozione porta la firma dei consiglieri Gaia Pernarella e Devid Porrello e giunge la termine di un lungo dibattito con gli attivisti e cittadini della provincia di Latina che si oppongono a questo progetto devastante per la salute e per l'economia agricola e turistica della provincia di Latina.

“Abbiamo scelto la mozione - spiega la prima firmataria del documento Gaia Pernarella - perchè vogliamo impegnare il Presidente Zingaretti, l'assessore all'Ambiente Refrigeri e tutta la Giunta ad attivarsi per bloccare definitivamente questo progetto. La responsabilità ultima di questo procedimento dipende dal Governo nazionale, verso il quale è già stata depositata un'interrogazione parlamentare, di cui attendiamo una risposta.”

Ora bisogna attendere che la mozione venga calendarizzata e votata da tutto il Consiglio Regionale, così si capirà chi è contro e chi è favorevole a questo progetto.


“La Regione Lazio – continua Pernarella – deve opporsi a questo progetto perchè tutte le amministrazioni locali, dalla stessa Regione alla Provincia ai Comuni interessati hanno sollevato molti dubbi sull'utilità di questa centrale e sui benefici che porterà al territorio. Addirittura il Comune di Pontinia si è sempre dichiarato contrario per i rischi per la salute dei cittadini in tutte le sedi istituzionali e durante tutto l'iter per ottenere le autorizzazioni. Eppure il Governo sembra intenzionato ad andare avanti. Faremo di tutto, insieme ai cittadini, per impedire l'ennesimo scempio del nostro territorio.”.  

martedì 6 maggio 2014

Inviti al Convegno

Oggetto: Convegno “Non Biomassacriamoci il futuro”

Egregio Signore,
Il comitato è lieto d’invitarLa alla manifestazione intitolata:
"Non Biomassacriamoci il futuro"
L'evento sarà tenuto presso l’aula consiliare del Palazzo Comunale di Pontinia il giorno 8 Maggio 2014 dalle ore 18.00 alle ore 20.30
L’inesauribile impegno dell’Amministrazione comunale, per impedire la costruzione della centrale termoelettrica alimentata a biomassa (inceneritore), della società Pontinia Rinnovabili Srl nella zona industriale di Mazzocchio, deve essere noto alla cittadinanza tutta. Questo impegno va avanti da ben 7 anni, l’iter burocratico giunge quasi al termine, dopo l’approvazione da parte del consiglio dei Ministri a luglio 2013, sentiamo necessario rendere pubbliche le informazioni e le strategie per contrastare la realizzazione della centrale. Dopo le ultime osservazioni che sono state fatte all’impianto d’allacciamento della Rete Elettrica Nazionale, sentiamo necessario riaprire una nuova campagna di sensibilizzazione.
Per questo, l’intenzione è di aprire una strada d’informazione con incontri, convegni, banchetti, e altro che possa arricchire il percorso di sensibilizzazione sui rischi (sanitari, economici, ambientali) che la centrale comporterebbe sul nostro territorio.
Il convegno si svolgerà dalle ore 18.00 alle ore 20.30 presso l’aula consiliare, l’iniziativa presenta rilevanza a carattere principalmente comunale e provinciale.
Il programma del convegno verterà sull’informazione di base dell’impianto termoelettrico alimentato a biomasse, in progetto nell’area di Mazzocchio, sulle iniziative dell’amministrazione per difendere la volontà collettiva in riferimento alla delibera del 2007 di non realizzare l’impianto, l’intervento del tecnico Giorgio Libralato di Pontinia Ecologia e Territorio, del Dott. Agronomo Stefano Proietti e del Dott. Gian Piero Baldi, medico Isde dell’Associazione BioAmbiente Tarquinia.
La Vostra presenza sarebbe cosa molto gradita

Cordialmente
Il comitato No Biomasse Pontinia

Comunicato stampa Convegno 8 maggio

“NON BIO-MASSACRIAMOCI IL FUTURO”

L’otto maggio si terrà un convegno informativo sul progetto di una centrale a biomasse da 24 MW da installarsi nell’area industriale di Mazzocchio, a Pontinia, organizzato dal Comitato spontaneo.

Il Comitato spontaneo contro la centrale Biomasse proposta dalla società Pontinia Rinnovabili Srl ha organizzato un convegno informativo dal titolo: “Non Bio-massacriamoci il futuro” che si svolgerà giovedì 8 maggio a partire dalle ore 18 presso l’aula consiliare del Comune di Pontinia, in piazza Indipendenza.
Il primo relatore Giorgio Libralato, presidente dell’associazione “Pontinia Ecologia e Territorio”, illustrerà i dettagli tecnici dell’impianto da 24 MW che si vuole costruire nella zona industriale di Mazzocchio, mettendo in luce gli aspetti critici e incompatibili con le caratteristiche agricole del territorio. Libralato è anche il tecnico che siede al tavolo creato dall’amministrazione comunale per contrastare questo progetto in tutte le sedi istituzionali e giuridiche. Infatti fin da quando la Pontinia Rinnovabili ha iniziato l’iter per ottenere l’autorizzazione, il sindaco Eligio Tombolillo e la maggioranza del Consiglio Comunale hanno sempre fatto presente l’incompatibilità di questo progetto per il territorio di Pontinia, proponendo allo stesso tempo alla società di costruire un impianto molto più piccolo, capace di alimentarsi con il materiale presente in zona senza doverlo importare dall’Est Europa o da paesi extra Ue.
Il secondo relatore sarà il medico dell’Isde Gian Piero Baldi, membro del Comitato Bio-Ambiente di Tarquinia. Baldi, come tutti i medici Isde, l’Associazione internazionale di Medici per l’Ambiente, ha più volte alzato il velo sull’ipocrisia della parola bio che accompagna queste centrali. Infatti bruciare biomasse vegetali produce le stesse polveri sottili e gli stessi inquinanti di un impianto che brucia combustibili fossili. E questo impianto prevede di bruciare qualcosa come 275 mila tonnellate annue di biomasse, oltre a 75 tonnellate di gasolio.
Il terzo relatore Stefano Proietti, agronomo di Terracina, parlerà dell’impossibilità di alimentare questa centrale con una filiera corta, come prevedono le normative che indicano in una distanza di 70 km dalla centrale il limite massimo per il trasporto del materiale al forno della centrale. Limite che in questo caso sarà abbondantemente superato, visto che non siamo in Scandinavia e nemmeno in una foresta tropicale.

Purtroppo, per un disguido con il comitato organizzatore non sarà presente il sindaco Eligio Tombolillo, poiché impegnato nel proprio studio medico. Il sindaco e l’amministrazione comunale hanno assicurato la loro contrarietà al progetto e l’impegno della Giunta nel cercare di bloccare l’iter burocratico, ricordando la delibera di Consiglio Comunale votata nel 2007 in cui gli amministratori comunali avevano affermato, nero su bianco, la loro contrarietà a questa centrale, per il suo devastante impatto sulla salute dei cittadini e sull’economia della zona.   

lunedì 5 maggio 2014

Non Biomassacriamoci il futuro 8 Maggio Aula Consiliare Pontinia


Nuovo volantino modificato. Diversamente da quanto detto prima, il Sindaco Eligio Tombolillo, non potrà partecipare al convegno perché impegnato con il lavoro. Per un disguido comunicativo, avevamo messo in programma il suo intervento. Il Sindaco ci tiene a ribadire che non è mai mancato l'impegno e l'attenzione per questa tematica, che l'amministrazione continua a tenere al centro della situazione, l'importanza della Delibera adottata nel 2007 per contrastare la costruzione dell'impianto.

sabato 19 aprile 2014

Aiuto di Stato in favore di Biomasse Italia SpA

Negli spazi stretti del web, addentrandosi in canali di ricerca, si possono trovare questi dati: Aiuti di Stato a Biomasse Spa

Forse sono andato troppo avanti, ci sarebbe da approfondire i legami di queste società, di Biomasse Spa, non ne abbiamo ancora parlato, ma dai post precedenti abbiamo visto già gli intrecci con la nostra "carissima" Pontinia Rinnovabili!!!

Questo è parte di un documento (l'intero originale lo trovate al link: Aiuti di Stato a Biomasse Spa), risalente al 2001, dove la Commissione Europea, Direzione generale della Concorrenza, con a capo Mario Monti, ufficializzava la disposizione di un aiuto 17,5 milioni di € per conto di Biomasse Spa per la trasformazione e lavorazione della biomassa di origine agricola e legnosa. 

Ci sarebbe da indagare sulle varie vie dell'informazione, se è veramente stato realizzato questo impianto e se la produzione di biomassa viene realmente prodotta, come specifica il documento. E sui giornali e in Tv sparano a tutta voce che non ci sono più soldi per i nostri servizi, molti che ci spetterebbero di diritto, come sanità e istruzione. C
ome mai gli aiuti di Stato vanno sempre nelle direzioni opposte, rispetto a quei progetti che potrebbero nel futuro ridurre veramente il surriscaldamento globale e l'inquinamento?


A Procedimento 
 1.Con lettera del 26 giugno 2000, registrata il 29 giugno 2000 (A/35342), il governo italiano ha notificato un progetto di aiuto di Stato in favore di Biomasse Italia SpA per la lavorazione delle biomasse di origine agricola e legnosa in una regione ex articolo 87, paragrafo 3, lettera a). La Commissione ha chiesto ulteriori informazioni il 28 luglio 2000 (D/54080), il 22 dicembre 2000 (D/56375) e il 29 maggio 2001 (D/52174), cui le autorità italiane hanno risposto con lettere in data 31 ottobre 2000, registrata il 6 novembre 2001 (A/39031), 26 aprile 2001, riattribuita dalla DG Agricoltura alla DG Concorrenza e registrata il 7 maggio 2001 (A/33567), 28 settembre 2001, riattribuita dalla DG Agricoltura alla DG Concorrenza e registrata il 2 ottobre 2001 (A/37635) e 5 ottobre 2001, registrata il 23 ottobre (A/38299). 

Descrizione dettagliata della misura 
Il beneficiario 
2. Il beneficiario dell’aiuto è la società Biomasse Italia SpA, costituita di recente e appartenente per il 32% al gruppo Prisma, per il 24% ad ABB Europe e per il 24% alla holding Api. La società Sviluppo Italia SpA manterrà nella stessa, per 5 anni, una partecipazione di minoranza del 20% nel quadro del programma di aiuto. La Sviluppo Italia SpA è una società pubblica che acquista azioni di società per un periodo di tempo limitato, in base a condizioni specifiche, al fine di assicurare il miglioramento sia delle strutture che dei risultati nel settore della produzione agricola. La Biomasse Italia SpA costruirà uno stabilimento per la lavorazione delle biomasse di origine agricola e legnosa a Crotone, in Calabria, regione obiettivo I. Al gruppo Prisma fa capo una rete di centrali elettriche alimentate da biomasse e da altre fonti di energia rinnovabili, tutte rientranti nel programma “CIP 6”. 

3. La biomassa sarà trasformata da Biomasse Italia SpA in un biocombustibile, idoneo ad alimentare la rete di centrali termoelettriche del gruppo “Prisma” a Crotone, Strongoli e Gela, che rappresenta una produzione di 84 MW di elettricità. La produzione complessiva di Biomasse Italia SpA sarà assorbita dal gruppo Prisma. 

4. Il costo globale dell’investimento, equivalente al costo ammissibile, è di 24,9 milioni di € (48,331 miliardi di ITL), di cui 15 milioni sono destinati alla costruzione di un opificio per la lavorazione della biomassa e 9,9 milioni all’acquisto di unità mobili. 

5. In particolare il progetto prevede la realizzazione delle seguenti attività: 

 · costruzione di un opificio per la produzione, stoccaggio e distribuzione di biomassa, cippato di legno, da utilizzarsi come combustibile a scopo energetico. L’intero impianto si estenderà su una superficie di circa 20 ettari; 
· Costituzione di unità mobili atte alla trasformazione diretta sul luogo di raccolta delle biomasse di origine agricola o derivanti da apposite coltivazioni intensive(colture arboree a crescita rapida) con caratteristiche tali da essere utilizzate come fonte energetica. Le unità mobili sono create al fine di provvedere alla prelavorazione (prima fase di macinazione del materiale grezzo). Tale materiale grezzo sarà quindi trasportato presso l’impianto fisso per seguire le ulteriori lavorazioni (essiccamento, miscelazione, cippatura finale).

Obiettivo dell’aiuto 
6. Il progetto in esame può essere considerato un prototipo replicabile a livello nazionale soprattutto come soluzioni operative e gestionali (logistica) individuate. Al termine del programma d’investimento, la società Biomasse Italia SpA sarà in grado di trasformare circa 630000 t/anno di biomassa di origine arborea per la produzione di cippato di legno, per un fatturato previsto pari a 16,3 milioni di € (31,5 miliardi di ITL). 

7. Il gruppo Prisma ristrutturerà le aree di pertinenza dello stabilimento ex Cellulosa Calabra per fondarvi un polo industriale per la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di combustibile da biomassa. 

8. Il principale fornitore di materia prima sarà Cellulosa Calabra, i cui azionisti sono Prisma 2000 SpA e Api Holding SpA, che detengono ciascuno il 50% delle azioni. Cellulosa Calabra si occuperà della raccolta dei necessari cascami delle attività agricole e forestali. A tal fine ha concluso contratti con la regione Calabria per ottenere una concessione decennale per la gestione dei cicli di diradamento e manutenzione delle risorse boschive per la regione “AFOR Sila”. Inoltre dispone di 3000 ettari di aree incolte e marginali per l’attivazione di coltivazioni specifiche destinate ad uso energetico e infine acquisterà i cascami di origine agricola e forestale dei coltivatori e operatori locali. 

9. Inoltre il progetto comprende la costituzione di unità mobili atte alla trasformazione diretta sul luogo di raccolta dei cascami di origine agricola o forestale in biomassa. 

10. Le autorità italiane sottolineano che il progetto consentirà al gruppo Prisma di risolvere i problemi di approvvigionamento del combustibile destinato ad alimentare le centrali a biomassa (Il gruppo Prisma possiede 6 centrali termoelettriche alimentate a biomassa: Crotone, Strongoli,Gela, Bando d´Argentaro, Voghera, Foglizzo, che dispongono della capacità di 140 MW), contribuendo pertanto al piano energetico nazionale. Inoltre sostengono che il progetto avrà impatti ambientali estremamente positivi sotto il profilo delle attività agricole e forestali conseguenti la valorizzazione e l’utilizzazione produttiva dei cascami delle attività stesse. Infine affermano che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è a basso impatto ambientale, coerentemente con quanto disposto dagli accordi di Kyoto. 

11. Secondo il governo italiano il progetto dovrebbe generare una maggiore occupazione diretta pari a 40 unità nonché una maggiore occupazione indotta stimata pari a 250 unità. 

 Il mercato 
12. A giudizio del governo italiano attualmente non esiste alcun mercato per la biomassa destinata alla produzione di combustibile energetico. La biomassa viene infatti destinata esclusivamente all’uso interno come materia prima per pannelli di fibre. Quanto al basso valore della materia prima e ai costi piuttosto elevati di trasporto, il mercato geografico rilevante si limita alle aree adiacenti le fonti e la coltivazione di legname. Pertanto il mercato geografico rilevante è l’Italia. Si prevede che in Italia le capacità di produzione di energia a base di biomassa come materia prima aumentino dal 5% nel 2000 al 15% nel 2003. 

 Le misure 
13. Il governo italiano intende concedere un aiuto sotto forma di prestito partecipativo, per 5 anni, di 0,5 milioni di € (1 miliardo di ITL) il cui valore nominale non è superiore al valore contabile del patrimonio netto e di un prestito di 17 milioni di € (33 miliardi di ITL) per la durata di 15 anni con un periodo di preammortamento di 5 anni nell’ambito del regime di aiuto già approvato Sviluppo Italia SpA (Decisione della Commissione del 28.2.2001). Al termine del periodo di partecipazione al capitale, Sviluppo Italia SpA cederà la propria quota per un importo equivalente al valore del patrimonio netto della società. 

14. Il tasso d’interesse agevolato, durante il primo quinquennio, è pari al 15% del tasso di riferimento relativo a un credito di 18 mesi, come stabilito per decreto del Ministero delle Finanze (6,6%), ossia è pari a 0,99%. Per la durata restante del prestito, il tasso agevolato equivale al 60% del tasso di riferimento, ossia al 3,96%. La misura sarà assistita da un'ipoteca di primo grado sul terreno e sugli edifici. Poiché il regime in questione si applica unicamente ai prodotti di cui all’allegato I, il governo italiano ha notificato individualmente le misure proposte. Secondo il governo italiano l’intensità di aiuto complessiva scontata al valore attuale ammonta al 18.43% lordo.

D Decisione
25. La Commissione ha quindi deciso di considerare compatibile con il trattato CE l’aiuto di 17,5 milioni di € destinato alla produzione di biomassa concessa a Biomasse Italia SpA per la costruzione di uno stabilimento di produzione di biomassa a Crotone (Calabria).

Bruxelles, 28.11.2001
Per la Commissione europea
Direzione generale della Concorrenza
Mario Monti
Membro della Commissione

giovedì 10 aprile 2014

PSEG ITALIA/PRISMA 2000/CARLO GAVAZZI GREEN POWER


Pseg Italia B.V. (di seguito PSEG) è una società appartenente all’omonimo gruppo di diritto statunitense Public Service Enterprise Group Incorporated, attivo, a livello mondiale, prevalentemente nel settore della produzione di energia elettrica. In Italia, PSEG è presente nella generazione di energia elettrica esclusivamente tramite la società Prisma 2000 S.p.A., di cui detiene il controllo congiunto e che è oggetto della presente operazione. 

A livello mondiale, il gruppo Public Service Enterprise Group Incorporated ha realizzato un fatturato, nel 2004, di circa 9 miliardi di euro, di cui 221 milioni nell’Unione Europea. Mentre, con riguardo al fatturato consolidato realizzato in Italia da PSEG nello stesso periodo, questo è da ricondursi esclusivamente al fatturato della società controllata Prisma 2000 S.p.A. per la quota di sua competenza (50% del capitale sociale). 

Prisma 2000 S.p.A. (di seguito PRISMA) è la società holding di un gruppo attivo in prevalenza nella generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. PRISMA è controllata congiuntamente da PSEG e da Carlo Gavazzi Green Power S.p.A. (di seguito, CGGP). 

Il fatturato consolidato di PRISMA nel 2004 è stato di circa 71 milioni di euro, interamente realizzato in Italia. 


Il caso “Carlo Gavazzi Green Power”, le multinazionali ed il ruolo delle piccole società

articolo di Antonio Bavusi e Pietro Dommarco pubblicato dal sito: http://www.olambientalista.it/centrali-a-biomasse/ dal titolo originale: 

Biomasse, green o black economy?


Fino a qualche anno fa la società milanese “Carlo Gavazzi” era considerata leader nazionale nella produzione di elettricità da biomassa. Oggi ha ceduto il controllo delle centrali agli americani del PSEG (Public Service Enterprise Group Incorporated), un gruppo attivo a livello mondiale prevalentemente nel settore della produzione di energia elettrica che controlla in Italia l’85% del capitale azionario della società Prisma 2000 S.p.A. – in cui la Carlo Gavazzi Green Power S.p.A. possiede una quota del 15% – con una quota nella società Biomasse Italia S.p.A. [cfr Provvedimento n.15248 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 8 marzo 2006]
Nel 2001 il governo italiano chiese ed ottenne dalla Commissione Europea l’autorizzazione ad erogare 17,5 milioni di euro alla società Biomasse Italia S.p.A. – costituita oltre che dal 32% della Prisma 2000 S.p.A., anche dal 24% di ABB Europe, dal 25% della holding petrolifera API(Anonima Petroli Italiana) e dal 20% di Sviluppo Italia S.p.A. – intenzionata a produrre energia elettrica da biomassa nello stabilimento di Crotone in Calabria, inclusa – a differenza della Basilicata – nelle regioni dell’Obiettivo 1 dell’Unione Europea [cfr Commissione Europea, aiuto di Stato n.400/2000 – Italia/ Bruxelles 28 novembre 2001]. Appare evidente, dunque, che la convenienza all’uso delle biomasse dipende dagli aiuti di Stato e dagli incentivi pubblici già a partire dalla fase progettuale, essendo inesistente un mercato regionale e locale del legno tale da alimentare grandi centrali a biomassa, specialmente nel Sud Italia, pur in presenza di estesi boschi. La Biomasse Italia S.p.A. costruirà due stabilimenti a Crotone e Strongoli (Crotone). Inizialmente – secondo il responsabile della Carlo Gavazzi Green Power S.p.A., Giancarlo Cicerone, le centrali “utilizzano legno che arriva un po’ dappertutto” [Leggi la fonte] : dal Sud America, dal Canada e dall’Europa con un commercio mondiale che avviene via mare e su strada, con grande spreco di energia e notevole inquinamento, senza considerare le questioni ambientali e sociali dei Paesi di origine devastati dalla deforestazione. In questo modo ogni kilowattora prodotto da fonti rinnovabili finisce per costare il triplo, rispetto a quanto pagato per le fonti tradizionali.
Le dimensioni della centrali a biomasse richiedono una proporzionale quantità di biomassa da bruciare per produrre calore ed azionare gli alternatori. La logica del profitto d’impresa mira a compensare l’investimento tecnologico iniziale nel più breve tempo possibile. Le centrali di Cutro (Crotone) della Fuelco Uno partecipata totalmente dalla Euro Energy Group S.r.l., del Gruppo Marcegaglia, assieme a quella ancora inattiva ad Oriolo ed a quella prevista dall’Enel nella Valle del Mercure, prevedono di utilizzare biomassa forestale pari a circa 1 milione di tonnellate all’anno. Quantitativi enormi, impossibili da reperire in loco in tempi rapidi, pena la distruzione del patrimonio forestale calabro-lucano, dei parchi della Sila e del Pollino, dai quali già traggono la materia prima. Le grandi centrali a biomasse per i proponenti sono convenienti perché incentivate dallo Stato e dalle Regioni [cfr intervento di Teresa Liguori, consigliere Nazionale di Italia Nostra, Convegno dibattito “centrali a biomasse: inquinamento ambientali ed effetti sulla salute umana”Strongoli, 10 febbraio 2010]. Emblematica risulta in proposito l’affermazione di Roberto Garavaglia, amministratore delegato di Euro Energy Group S.r.l. che afferma come “le tariffe CIP6 ci permettono di incassare 20 milioni di euro all’anno che vanno a coprire esclusivamente il costo molto alto delle biomasse. La centrale di Cutro (20MW) costerebbe 50 milioni di euro. Senza i contributi statali non sarebbe conveniente realizzarla […] ora andiamo avanti altri 5 anni con gli incentivi, poi si vedrà”. L’amministratore unico pensa evidentemente di fare in Calabria quello che già fa a Massafra (TA). Infatti, ottiene nel 2004 l’autorizzazione dal Commissario Straordinario per i Rifiuti in Calabria all’utilizzo del CDR (Combustibile Derivato da Rifiuto) nell’impianto a biomassa di Cutro. Stessa cosa per gli stabilimenti di Crotone dellaCarlo Gavazzi Green Power S.p.A. che si avviano a diventare inceneritori. La “Carlo Gavazzi”, assieme al Gruppo Marcegaglia, gestisce in Italia il business delle biomasse. La famiglia Marcegaglia gestisce, oltre agli impianti in Calabria, due impianti di incenerimento per “combustibile da rifiuti” (CDR) in fase di realizzazione (Manfredonia, Modugno) che si aggiunge a quello già attivo a Massafra (Taranto). Il Gruppo Marcegaglia si è aggiudicato, inoltre, l’affidamento del pubblico servizio di gestione del sistema impiantistico di recupero energetico a servizio dei bacini di utenza Lecce 1, 2 e 3 ” e gestisce anche la “Filiera Rifiuti Speciali Oikothen” di Augusta, con autorizzazione peraltro sospesa da Regione Sicilia e Comune di Augusta.
Dalle centrali a biomasse agli inceneritori e ai ricorsi al Tar. La normativa, ancora una volta, corre in soccorso alla carenza degli incentivi offrendo la possibilità di assimilare i rifiuti alla biomassa. Un’occasione a cui gli industriali non rinunciano, a livello nazionale e a livello locale. In Basilicata le vicende legate alla centrale a biomassa Enel S.p.A. di Laino, nella valle del Mercure – per la quale la relazione redatta da Felice Casson e Paolo Rabitti evidenzia l’impossibilità di reperire in loco la biomassa, pena la distruzione delle foreste del Parco Nazionale del Pollino [Leggi la fonte], quelle in Val Basento e a San Nicola di Melfi funzionanti ad olio di palma, quelle a Tricarico e Ferrandina, mostrano con chiarezza la deriva del meccanismo degli incentivi pubblici, ma sono anche il preludio ad una strategia che punta ad un sistema di gestione dei rifiuti incentrato sulle discariche e sugli inceneritori camuffati da biomassa favoriti da pubbliche amministrazioni locali e regionali. In poche parole, gli incentivi pubblici possono tradursi in profitto aggiuntivo sostituendo semplicemente il combustibile impiegato inizialmente. Alcuni esempi in proposito risultano emblematici. La società Prisma 2000 S.p.A. tenta l’utilizzo dei fondi della Sovvenzione Globale in Calabria firmando con Crotone Sviluppo, un accordo da oltre 17 miliardi di vecchie lire. Un’operazione che porterà l’Autorità Giudiziaria ad emettere avvisi di garanzia conducendo al crack dell’industria della Cellulosa Calabra a cui la società era interessata [Leggi la fonte]. Medesima sorte tocca – nel dicembre del 2006 – a Marcelo Emilio Figueira, Martino Pasti e Lanfranco Graziani, all’epoca dei fatti rappresentanti della San Marco Bioenergie S.p.A. Il progetto di centrale elettrica alimentata a biomassa incriminato, e poi sequestrato, è quello ricadente nel comune di Bando d’Argenta, nel ferrarese. L’ipotesi di reato notificata fu di falsificazione di registri, nonchè violazione delle prescrizioni per le emissioni in atmosfera, per quei “fumi densi emessi dai camini e quei miasmi sgradevoli”. Il sospetto nasce dalla “natura delle biomasse”. Un rilascio in atmosfera smisurato di monossido di carbonio, causato dall’aver bruciato non solo legno vegetale, come da autorizzazione, ma anche legno trattato. La San Marco Bioenergie, prima S.r.l., poi S.p.A., negli anni si rende protagonista di vari ricorsi ai Tribunali Amministrativi. Il primo presentato al TAR del Veneto contro la decisione del Comune di San Martino di Venezze (Rovigo) che con delibera n.9 del 2 marzo 1998 approvò il “divieto di installazione centrale termoelettrica nel territorio comunale di San Martino di Venezze”, per “incompatibilità ambientale”. Il secondo, invece, presentato al TAR della Lombardia contro la paventata decisione dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, di revocare alla Bioenergie – per mancata “esibizione delle autorizzazioni indispensabili” – di ogni incentivo CIP6 per la realizzazione delle centrale a biomassa ricadente nel comune di Capracotta (Isernia). In entrambi i contenziosi, sia il TAR del Veneto sia il TAR della Lombardia e poi il Consiglio di Stato, danno ragione alla San Marco Bioenergie S.p.A., della quale sono soci ancora la PSEG e la Carlo Gavazzi Green Power S.p.A., così come per la Prisma 2000 S.p.A. Ma la “Carlo Gavazzi” – che nel 2003 riceve il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente, organizzato dalla Legambiente, perfettamente in linea con il sistema Symbola – è coinvolta a Pontinia (Latina), relativamente alla realizzazione di una centrale a biomassa della Pontinia Rinnovabili S.r.l., di cui la società milanese è socia. Anche in questo caso due Enti, il Comune di Pontinia e la Provincia di Latina, si sono opposti al progetto che a parere della conferenza di servizi dell’amministrazione provinciale presenta “dati sbagliati e incompleti in merito alla procedura AIA ma, sopratutto, non dà le garanzie richieste dal protocollo di Kyoto e dalla comunità Europea in merito alla riduzione delle emissioni”.
Fuochi di paglia ad Acinello, aspettando i rifiuti. L’intervento dell’ing. Gino Dipierri dellaCarlo Gavazzi Green Power S.p.A., a conclusione della giornata di Venosa del 16 aprile [Guarda il video], pone interrogativi sulla perseguibilità delle tesi sostenute circa l’utilizzo della paglia che costituirebbe l’80% del combustibile impiegato. “40-60 aggregatori” di filiera corta, alias produttori locali di paglia, ovvero agricoltori locali riconvertiti in braccianti meccanizzati, grazie alla centrale, produrrebbero la biomassa da incenerire in un impianto della potenza elettrica di oltre 35 MW. Si apprende, inoltre, che la centrale a biomassa di località Acinello di Stigliano-Aliano (MT) costa – sempre secondo il rappresentante della società – 100 milioni di euro, e richiede un investimento annuo in biomassa pari a 15-18 milioni di euro. Il numero degli addetti previsti presso la centrale è pari a 50 unità. 10 addetti per ogni megawatts installato (per Acinello mancano però all’appello 15 addetti). 25 sono i milioni disponibili per i subappalti. Se dovesse mancare la paglia, l’azienda si rivolgerebbe al cippato vergine che – fa sapere sempre l’ing. Dipierri – verrebbe acquistato grazie a convenzioni con ditte specializzate nel settore forestale ed in parte prelevato dalla pulizia dei corsi d’acqua. Con Delibera n.53 del 6 maggio 2009, l’Autorità per l’Energia elettrica ed il Gas ha accolto – ai sensi dell’art.15, comma 2, del Decreto Legislativo n.79/99, come modificato dall’art.34 della Legge n.273/02 – l’istanza della Carlo Gavazzi Green Power S.p.A., titolare del progetto per la realizzazione della centrale a biomasse di contrada Acinello di Stigliano (Matera). La multinazionale milanese aveva ottenuto la sospensiva dal TAR Basilicata di una Delibera Regionale che limitava la potenza dell’impianto a 13 MW, che attualmente è invece pari a 35 MW. Per non rinunciare agli incentivi di cui all’art.3, comma 7, della Legge n.481/95 – è quanto si legge nella delibera dell’AEG – la “Carlo Gavazzi”, in data 20 marzo 2009, ha presentato all’Autorità per l’Energia ed il Gas, anche sulla scorta di una sentenza favorevole del TAR Lombardia, “la richiesta unitamente all’autorizzazione necessaria alla costruzione dell’impianto non ancora in esercizio, pena la decadenza da ogni diritto alle incentivazioni medesime”.

lunedì 7 aprile 2014

Incontro organizzativo: lotta contro la Biomasse di Mazzocchio

Stasera ci vediamo presso il Pub Dryland di Pontinia (via Cesare Battisti), con il Meetup di Pontinia (M5S), per organizzare le azioni d'informazione a sostegno della lotta contro la costruzione della centrale a biomasse (inceneritore) di Mazzocchio. Ore 21.15 - 21.30.
L'incontro è aperto a tutti!

sabato 29 marzo 2014

tutto sull'imbroglio della COMBUSTIONE DELLE BIOMASSE

Centrale Biomasse di Crotone
riportiamo per intero il contributo del Prof. Federico Valerio, pubblicato a questo indirizzo

Problematiche ambientali e sanitarie derivanti dall'uso di biomasse quali fonti di energia


Introduzione
     Nella letteratura scientifica internazionale si osserva un crescente interesse all'inquinamento dell'aria indotto dall'uso energetico di biomasse. Se nel biennio 1994-96 risultavano pubblicati solo 9 articoli con queste parole chiave, nel biennio 2004-2006 le pubblicazioni risultavano essere 101 e dal 2007 ad oggi gli articoli pubblicati che trattano questi argomenti sono già 131.
     Questo fatto è sicuramente legato al crescente interesse nell'uso di biomasse a scopo energetico, tradizionale nei paesi in via di sviluppo, ma in rapida crescita anche in paesi sviluppati (Svezia, Canada, Australia..) prevalentemente a causa dei costi più bassi, rispetto ai combustibili fossili. Pertanto gli studi più recenti riguardano l'impatto ambientale e sanitario derivante dall'uso energetico di biomasse in paesi sviluppati, dove le biomasse sono utilizzate sia per il riscaldamento domestico che per la produzione di energia elettrica e calore in impianti dedicati.
     La maggior parte di questi studi riguardano la Svezia, a causa della sua grande produzione di legname e del diffuso uso a scopi energetici degli scarti di questa attività.
     Ad esempio, lo studio condotto da P. Molnar [1] ha evidenziato che le famiglie svedesi che utilizzavano legna per il loro riscaldamento domestico avevano una maggiore esposizione personale a zinco, rame, piombo e manganese. Questo autore concludeva la necessità di studi più approfonditi per valutare l'effetto del fumo da legna sullo stato di salute della popolazione generale.
     Altri studi condotti su popolazioni esposte alle emissioni da combustione di biomasse in paesi avanzati evidenziavano effetti sull'asma e sulla funzionalità respiratoria [2]
     Un altro studio condotto in Svezia a firma di P. Gustafson [3] segnala che le famiglie svedesi che utilizzano legna, rispetto ai controlli, hanno una maggiore esposizione a benzene e 1-3 butadiene. Si tratta di due potenti cancerogeni riconosciuti pericolosi per la salute umana che caratterizzano le emissioni derivanti dalla combustione di biomasse. In base ai valori di esposizione l'autore giudica basso il rischio di cancro degli esposti, ma indubbiamente si tratta di una esposizione non desiderabile e certamente evitabile se si utilizzano altri combustibili.
     Uno studio condotto in Canada [4] evidenzia nelle donne di Montreal esposte ai prodotti di combustione di carbone e legna utilizzati a scopo domestico un significativo aumento di tumore polmonare che suggerisce, ancora una volta la necessità di chiarire il ruolo delle emissioni da combustione di biomasse nell'induzione di questa malattia.
     Peraltro, nostri studi condotti in Italia, nell'ambito dell'attività di ricerca dell'Istituto Nazionale Ricerca sul cancro di Genova, hanno evidenziato come, in due paesi appenninici dove l'uso della legna da ardere nelle stufe è diffuso, le concentrazioni di benzo(a)pirene nelle abitazioni che utilizzavano legna era tendenzialmente maggiore di quelle trovate in case che usavano il metano o il GPL come combustibile. Analoghi risultati sono stati ottenuti in abitazioni russe riscaldate a legna [5]. E il benzo(a)pirene e altri idrocarburi policiclici aromatici sono composti cancerogeni che notoriamente si producono durante le combustioni di biomasse.
     Misure condotte in trenta abitazioni austriache riscaldate al legna hanno riscontrato anche la presenza di diossine nei fumi emessi [6].
     Tutti questi studi, effettuati su impianti di riscaldamento a legna ad uso domestico, evidenziano un problema generale delle biomasse: la loro combustione produce, inevitabilmente, numerosi composti tossici e grandi quantità di polveri fini ed ultrafini.
     La combustione di legna e altre biomasse solide in impianti industriali ad alta efficienza termica e con adeguati trattamenti dei fumi riduce queste emissioni, ma non le annulla.

Impianti termoelettrici a biomasse
     Nel nostro Paese l'uso di biomasse per la produzione di elettricità è in forte espansione per gli ingenti incentivi dati a questa produzione, con il meccanismo dei certificati verdi.
     Motivo dell'incentivo, l'essere state incluse le biomasse tra le fonti energetiche rinnovabili ed una presunta riduzione delle emissioni di gas serra, se queste sono usate come combustibile.
     In linea di principio, l'uso energetico di biomasse ha un effetto neutro sulle emissioni di gas serra in quanto con la combustione si ri-immette in atmosfera anidride carbonica che durante la crescita le piante avevano assorbito dall'atmosfera e fissato sotto forma di cellulosa e altri composti organici ( lignina, amidi, zuccheri...) nei loro tessuti, ma il meccanismo dei certificati verdi, induce una pesante distorsione nel mercato con effetti contraddittori, rispetto all'obiettivo prefissato.
     I certificati verdi incentivano la produzione di elettricità dall'uso di biomasse, mentre non ci sono incentivi per i soli usi termici della legna (riscaldamento domestico ed industriale) e per il compostaggio delle biomasse ligno-cellulosiche, nonostante il fatto che queste due tecniche, in particolare il compostaggio, comportino una maggiore riduzione delle emissioni di gas serra, a parità di biomassa utilizzata.
     I dubbi che impianti termoelettrici alimentati a biomasse ottengano effettivamente il risultato di una riduzione delle emissioni di gas serra sono legittimi, specialmente quando, comne spesso avviene, nelle specifiche del progetto manchi un serio bilancio dei gas serra prodotti ed evitati.

I bilanci di gas serra
     A nostro avviso un progetto della centrale a biomasse, dovrebbe presentare una attenta analisi dei cicli di vita dell'impianto, con riferimento al bilancio dei gas serra, effettuato secondo consolidate procedure [7, 8]: emissioni di gas serra nelle fasi di coltivazione, raccolta e trasporto delle biomasse all'impianto; durante l'uso di combustibili fossili (metano?) previsti nelle fasi di avvio delle caldaie; nel pretrattamento e trasporto delle ceneri alla loro destinazione finale; nella costruzione e nello smaltimento dell'impianto e durante la bonifica dell'area, alla fine dell' esercizio dell'impianto.
     Nel bilancio dei gas serra correlato alla attività della centrale, dovrebbe essere anche conteggiato il carbonio presente nei residui delle attività agricole e non più interrato, secondo consolidate pratiche agronomiche (sovescio) atte a mantenere un adeguato e costante contenuto di humus (di carbonio) nel terreno agricolo. A favore della realizzazione dell'impianto, ovviamente, bisognerebbe conteggiare i gas serra risparmiati per evitato utilizzo di combustibili fossili per produrre elettricità, in base ai mix di fonti rinnovabili e non rinnovabili utilizzati in Italia per produrre energia elettrica.
     Occorre comunque sottolineare che l'assenza di forme di teleriscaldamento e di utilizzo del calore residuo alla produzione di elettricità, in alcuni progetti di impianti a biomasse fanno presumere, per questo particolare uso delle biomasse, rendimenti energetici (elettricità + calore) molto bassi.
     Il calcolo dell'energia utilizzata per la produzione, la raccolta e il trasporto delle biomasse all'impianto, dell'energia necessaria per trasportare le ceneri alla loro destinazione finale e per provvedere al loro eventuale smaltimento e per la dismissione finale, abbassa ulteriormente la stima dell'efficienza energetica di un impianto di produzione di elettricità alimentato a biomasse.

Impatto ambientale
     A fronte di un legittimo dubbio sul reale beneficio che l'entrata in esercizio di impiant a biomasse comporterebbero sulle sorti climatiche del Pianeta, gli studi sugli impatti ambientali indotti dalla combustione di biomasse in impianti industriali per la produzione di elettricità inducono grande cautela.
     A nostro avviso, non bisogna trascurare il fatto che le biomasse che saranno usate come combustibile, anche dopo depurazione dei fumi prodotti, provocheranno l'immissione nell'ambiente di quantità non trascurabili di numerosi macro e micro inquinanti (polveri sottili [9] ed ultra sottili, ossidi di azoto, idrocarburi policiclici aromatici [10], diossine..) con effetti potenzialmente pericolosi per la salute della popolazione esposta.
     E nel bilancio ambientale, occorre sommare anche le emissioni prodotte dal traffico pesante [11] indotto dall'entrata in funzione dell'impianto e parte integrante della attività dell'impianto stesso, ovvero tutti gli automezzi necessari per i conferimenti di biomasse e per il ritiro e lo smaltimento delle ceneri.
     Delle emissioni di polveri fini ed ultrafini [12, 13], di ossidi di azoto, di policiclici aromatici di diverse decine di mezzi pesanti al giorno, lungo tutto il percorso che giornalmente dovranno coprire, spesso non si trova traccia nei documenti autorizzativi.
     E spesso nulla si dice sul ruolo di queste emissioni prodotte dal traffico e di quelle della centrale, nella formazione di ozono e di polveri finied ultrafini di origine secondaria [13], ovvero inquinanti pericolosi che si formano in atmosfera, a distanza dalla fonte, per reazioni chimiche e fotochimiche degli inquinanti primari (ossidi di azoto, idrocarburi).
     In questo caso, riteniamo sia doveroso dare il giusto peso alla salute umana, rispetto alla salute dell'atmosfera del Pianeta e, secondo il nostro parere, non si può privilegiare (economicamente) un discutibile contenimento delle emissioni di gas serra, e un sicuro guadagno dell'impresa, se questa scelta aumenta i rischi sanitari della popolazione esposta.

Il bio-metano come fonte energetica da biomasse
     Ci sembra opportuno sottolineare il fatto che la combustione di un combustibile gassoso come il metano, a parità di energia elettrica e calore prodotto, produce molto meno inquinanti primari e secondari, rispetto alle biomasse solide; questo combustibile è esente da ceneri, non necessita di trasporto e quindi non induce inquinamento e possibili incidenti stradali, legati alla movimentazione di veicoli.
      E se il metano siberiano o libico è un combustibile fossile e come tale è opportuno ridurne l'uso, anche grazie ad una maggiore efficienza energetica di edifici ed industrie, il metano da fermentazione anaerobica di biomasse di scarto, comprese parte di quelle che si vogliono termovalorizzare nelle centrali a biomasse, potrebbe permettere un'efficace contenimento delle emissioni di gas serra, con un'impatto ambientale nettamente inferiore a quello indotto dall'uso come combustibile di gran parte delle biomasse solide che si vogliono bruciare nelle centrali termoelettriche.
     Molto interessante sarebbe la realizzazione di un impianto di fermentazione anaerobica, progettato secondo le migliori tecnologie disponibili, dimensionato al trattamento degli scarti agricoli e degli allevamenti di bestiame operanti in zona e se necessario anche al trattamento della frazione umida dei rifiuti urbani raccolti con sistemi Porta a Porta.
     Un impianto di questo tipo, finalizzato alla produzione di metano e alla conversione energetica di questo gas sia per gli autoconsumi dell'impianto, che per usi esterni (riscaldamento-raffreddamento, autotrazione, cogenerazione di elettricità e calore), potrebbe rendere energeticamente autosufficienti le aziende agricole che operano nell'area. Inoltre, un impianto per il trattamento aerobico dei fanghi prodotti dal digestore e di cippato di legno derivante da eventuali potature e dalla gestione dei vicini boschi, potrebbe chiudere il ciclo, con la produzione di compost di qualità, prodotto che troverebbe la sua naturale destinazione nelle stesse aziende agricole che alimentano il digestore. In questo caso, la costante segregazione nei terreni agricoli del carbonio organico sintetizzato dalle piante, nella forma di compost, darebbe un contributo alla riduzione dei gas serra nettamente maggiore di quello della semplice combustione delle stesse biomasse.

Compatibilità con l'attività agricola
     L'uso delle biomasse prodotte dalla filiera corta locale per alimentare un impianto integrato anaerobico-aerobico, con le caratteristiche descritte nel precedente paragrafo, sarebbe assolutamente funzionale alla produzione agricola di qualità, all'allevamento di bovini che spesso caratterizzano le aree circostanti gli impianti proposti.
     L'uso energetico del metano e del compost, nelle attività agro-alimentari, ridurrebbero i costi aziendali ma, fatto ancora più importante, tale scelta sarebbe assolutamente compatibile con auspicabili scelte di agricoltura biologica e di produzioni di prodotti DOC.
     La realizzazione di un sistema integrato, in grado di gestire con equilibrio, con un ridotto impatto ambientale, le risorse naturali del territorio potrebbe essere un efficace volano, anche promozionale, al nuovo modello di sviluppo agricolo che si sta realizzando in molte aree italiane.
     Tutti questi vantaggi, verrebbero meno con l'entrata in funzione di una centrale termoelettrica a biomasse, la cui progettazione e il cui dimensionamento è assolutamente avulso dalla realtà e dalla vocazione agro-alimentare del territorio che dovrebbe ospitarla.
     Nella progettazione spesso si ignora il fatto che gli inquinanti, immessi direttamente e indirettamente nell'ambiente dall'attività della centrale (in particolare ossidi di azoto e ozono) possono, in modo rilevante, ridurre la produzione agricola [14-16] e l'accumulo nell'ecosistema di composti persistenti (metalli, policiclici, diossine) [17] [18], prodotti dalla combustione, potrebbe essere incompatibile con gli obiettivi di una produzione agricola ed alimentare di alta qualità.
     Anche i consumi di acqua per il raffreddamento dell'impianto termoelettrico si metterebbero in concorrenza con l'uso agricolo di questa risorsa.

L'impatto ambientale delle centrali a biomasse
Per l'approvazione di una centrale a biomasse ci sembra insufficiente, come di solito si vede scritto nei documenti di presentazione, un semplice riferimento all'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili; questo è un requisito obbligatorio per legge, per ottenere l'autorizzazione, ma che da solo non garantisce la salute dei cittadini esposti agli inquinanti, comunque prodotti ed immessi nell'ambiente.
     Un più corretto termine di riferimento per giustificare questa scelta, dovrebbe essere il confronto della qualità dell'aria, del suolo e delle acque, prima dell'entrata in funzione dell'impianto a biomasse, con stime della qualità delle stesse matrici ambientali, una volta che l'impianto proposto fosse realizzato.
     Questo confronto si deve fare con riferimento ai bilanci di massa (quantità di inquinanti immessi nell'ambiente su base annua), alle concentrazione nei recettori finali, ma anche al progressivo accumulo di inquinanti persistenti nel suolo e nei sedimenti.
     A riguardo, fondamentale è la stima del possibile progressivo bioaccumulo lungo la catena alimentare dei metalli tossici e dei composti organici persistenti presenti nelle emissioni, nel corso della vita operativa dell'impianto.
     Per approvare il nuovo impianto, con riferimento ai suoi possibili effetti sulla salute e sulla qualità dell'ambiente, sarebbe stato opportuno imporre questa condizione: con l'entrata in funzione dell'impianto a biomasse, la qualità dell'aria e delle diverse matrici ambientali interessate alle sue emissioni deve migliorare o per lo meno restare uguale a quella pre-esistente.
     Questi prerequisiti fanno esplicito riferimento alla Direttiva 96/62/CE sulla gestione e qualità dell'aria ambiente dei paesi dell'Unione che, all'Articolo 1 individua tra i suoi obiettivi quello di "mantenere la qualità dell'aria ambiente, laddove è buona, e migliorarla negli altri casi".
     Nel caso in esame, il miglioramento della qualità dell'aria nelle zone di potenziale impatto della centrale potrebbe essere possibile se, ad esempio, nel sito interessato le biomasse sostituissero un combustibile più inquinante, ad esempio olio pesante utilizzato in un impianto termoelettrico già esistente, oppure se l'impianto a biomasse sostituisse un impianto già esistente, meno efficiente dal punto di vista energetico.
      Un miglioramento sarebbe possibile qualora il recupero del calore prodotto dalla combustione delle biomasse possa permettere di spegnere numerose calderine per uso domestico, meglio se anch'esse a biomasse, o altri processi di combustione per uso industriale operanti in zona, con fattore di emissione superiori a quelle ottenibili con la combustione di biomasse.
     Il fatto che il nuovo impianto a biomasse non dovrebbe peggiorare la situazione ambientale esistente prima della sua realizzazione è una considerazione che, come già detto, oltre che essere in sintonia con le scelte della Unione Europea in tema di politiche di tutela dell'ambiente e della salute, è motivata dal fatto che, come già accennato, ai fini del risparmio energetico e della riduzione delle emissioni di gas serra non esiste solo la combustione di biomasse per la produzione di elettricità e di energia termica.
     Senza Certificati Verdi nessuno imprenditore privato farebbe questa scelta. La verità è che le biomasse sono un combustibile povero, economicamente ed energeticamente conveniente, senza sovvenzioni, solo nelle circostanze che si verificano in paesi come la Svezia, dove l'industria del legno produce grandi quantità di scarti e la morfologia del territorio permette il facile taglio e trasporto di questi materiali.
     Inoltre solo le condizioni climatiche di paesi come la Svezia rendono particolarmente economica la cogenerazione da biomasse, in quanto la contemporanea produzione di calore e di elettricità avviene per periodi ampiamente più lunghi di quelli necessari per i climi quali quelli del centro Italia.
     Come già affermato, l'uso di biomasse a scopo energetico presenta problemi di impatto ambientale tutt'altro che trascurabili.
     Oltre che alle emissioni di inquinanti convenzionali, quali ossido di carbonio, polveri totali sospese e ossidi di azoto [19] occorre porre attenzione, come già accennato, ad inquinanti meno convenzionali che si producono con la combustione di biomasse, polveri sottili, [19], formaldeide [20], benzene [21], idrocarburi policiclici aromatici [5], diossine [6, 22].
     E, nonostante le segnalazioni che ci vengono dalla letteratura scientifica spesso non si trova traccia, nelle autorizzazioni di centrali a biomasse, di limiti a specifici e pericolosi inquinanti certamente emessi dalla combustione delle biomasse quali benzene, formaldeide e butadiene.

Economie di scala e impatti ambientali
     Dal punto di vista dell'impatto ambientale, la scelta di privilegiare la combustione di biomasse per la produzione di elettricità pone un altro problema: l'economia di scala.
     Una centrale a biomasse, per poter produrre elettricità a costi confrontabili con quelli in uso in Europa, deve avere una potenza pari a 20 megawatt elettrici [23]. Ma a potenze installate maggiori corrispondono bilanci di massa proporzionalmente più elevati.
     Segnaliamo, che nei documenti relativi alla disponibilità di biomasse da filiere più o meno corrte, raramente si trova traccia degli effetti di questo continuo prelievo di biomasse, negli equilibri in micro e macro nutrienti dei terreni agricoli e forestali coinvolti.
     Valutazioni di tipo agronomico sottolineano la delicatezza di questo punto, sia per quanto riguarda la necessità che micronutrienti ritornino ai campi e ai boschi dai quali sono stati sottratti insieme alle biomasse, ma anche ai problemi che si potrebbero avere nel tempo se questa restituzione avvenisse con parte delle ceneri.
     Nei progetti spesso si afferma che le ceneri saranno inviate a cementifici, ma questa proposta quasi sempre è fatta senza alcun tipo di analisi a supporto di questa scelta, in particolare di quali sarebbero i cementifici disposti ad accettare tutte queste ceneri, in considerazione della grande offerta di questi scarti da centrali a carbone e inceneritori.

Le ceneri
     La gestione delle ceneri da biomasse non è un fatto banale. Questo argomento risulta trattato da diversi autori con riferimento al recupero, utilizzo e smaltimento delle ceneri che gli impianti a biomassa inevitabilmente produrranno [5, 19, 24], pari allo 0,5 -0,7 % in peso, rispetto alla quantità di materiale trattato, se viene bruciato legname essiccato, ma con percentuali più elevate, se sono usate biomasse come la paglia che lascia un residuo pari al 15,5% del peso della paglia bruciata, un valore nettamente superiore alle ceneri prodotte dal carbone (7%).
     Altro problema critico è il livello di tossicità delle ceneri ed in particolare delle ceneri volanti raccolte dagli impianti di depurazione dei fumi. Anche questo specifico argomento non ci sembra adeguatamente approfondito nelle relazioni fornite. Ricordiamo che il contenuto di cadmio, cromo, rame, piombo e mercurio delle ceneri volanti derivanti dalla combustione di legname (quercia, faggio, abete) è superiore a quella riscontrabile nelle ceneri volanti prodotte dalla combustione di carbone [24].
     Questo risultato segnala la necessità di non sottovalutare la possibilità che questi metalli tossici siano presenti nelle polveri leggere raccolte dai sistemi di filtrazione dell'aria. Questa evenienza, se verificata (e certamente da non escludere a priori) deve far scattare adeguate contromisure a tutela della salute dei lavoratori che dovranno provvedere allo smaltimento di queste polveri. E la possibile presenza di cadmio e mercurio nelle biomasse termovalorizzate, comporta anche la necessità di prevedere la loro presenza nelle emissioni gassose prodotte dalla loro combustione.
     Se la presenza di cadmio e mercurio nei fumi di una centrale a biomasse richiederà una verifica sperimentale, è certa la presenza negli stessi fumi di idrocarburi policiclici aromatici, diossine e furani.
     E a riguardo spesso, sia la società proponente che gli Enti pubblici di controllo, ignorano specifiche e subdole caratteristiche eco-tossiche di queste classi di composti: persistenza, bioaccumulo lungo la catena alimentare, effetti genotossici e, con riferimento a policiclici aromatici, diossine e furani, effetti di interferenza sul sistema endocrino.
     Queste caratteristiche, in sintesi, comportano il fatto che la pericolosità di questi composti non è dovuta alla loro concentrazione nell'aria inalata, ma alla concentrazione, destinata ad aumentare nel tempo, nelle diverse matrici ambientali presenti nella zona di deposizione e lungo la catena alimentare, fino al consumatore finale che, nel caso della specie umana, è la sua prole, nella fase di allattamento al seno.
     Il caso frequente della presenza di un' intensa attività agricola nel comprensorio potenzialmente interessato alle ricadute dei fumi della centrale, sottolinea la necessità di non sottovalutare questo problema.
     Purtroppo, le normative europee e nazionali non hanno ancora recepito le conoscenze della comunità scientifica internazionale che suggeriscono l'opportunità che le emissioni di composti organici persistenti e bioaccumulabili e metalli con analoghe caratteristiche tossicologiche, siano normati in base alla quantità complessiva di questi composti (da qualunque fonte emessa) che, annualmente, si deposita al suolo [25]. In questo caso, il valore fissato alle immissioni giornaliere dovrebbero essere tali da garantire che l'utilizzatore finale degli alimenti prodotti a partire da quel terreno contaminato, assuma una quantità di diossine inferiore alla dose che, oggi, le organizzazioni internazionali per la tutela della salute pubblica (OMS) giudicano tollerabile.
     Analoga considerazione si può fare per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti riconosciuti come cancerogeni e distruttori del sistema endocrino.
     Diversi IPA tra quelli normati sono cancerogeni certi per l'uomo e la loro formazione è una caratteristica della combustione di ogni biomassa, a partire dalla combustione delle foglie di tabacco.
     Anche questa emissione sarebbe nettamente inferiore se, a parità di energia elettrica e termica prodotta, la centrale termoelettrica, al posto delle biomasse, utilizzasse come combustibile il bio-metano, nelle cui emissioni, a parità di energia prodotta, i policiclici aromatici cancerogeni sono presenti a concentrazioni nettamente inferiori.

Conclusioni
     Ci sembra utile concludere queste nostre osservazioni, citando a nostra volta le conclusioni di un recente studio svedese che ha messo a confronto diversi combustibili per impianti di teleriscaldamento (con produzione combinata di calore e elettricità), in base ad una analisi del ciclo di vita [26] che ha considerato sia gli aspetti energetici che quelli ambientali. Sono stati messi a confronto l'incenerimento di rifiuti, lacombustione di biomassa e la combustione di metano. Le conclusioni sono che l'incenerimento dei rifiuti non è la migliore scelta e spesso è la peggiore se l'incenerimento (con teleriscaldamento) sostituisce il riciclaggio. Un impianto di cogenerazione a metano è una alternativa interessante e da preferire se l'elettricità prodotta è in sostituzione di elettricità prodotta da combustibili fossili, come avviene in Italia. Se il paese in esame fa un prevalente uso di fonti energetiche non fossili (nucleare, idroelettrico, solare, eolico) come la Svezia, l'uso energetico delle biomasse è da preferirsi al metano.
     Nostra conclusione pertanto è che l'inquinamento ambientale indotto dai tanti impianti a biomasse che si propongono in Italia, pur nel pieno rispetto delle norme vigenti, peggiora l'attuale qualità dell'aria dei territori che dovrebbero ospitarle, con le emissioni da camino e con quelle del traffico veicolare indotto (ossidi di azoto, polveri fini (PM10) ed ultra fini (PM2,5) e peggiora anche la qualità del suolo, e dei prodotti agricoli di questi stessi suoli, con le ricadute di composti organici persistenti (diossine, furani, idrocarburi policiclici) e probabilmente di metalli pesanti.
     I rischi sanitari indotti da questa contaminazione, per quanto piccoli possano essere stimati, non sono giustificati dai benefici collettivi indotti dalla realizzazione dell'impianto, il cui principale scopo è quello di massimizzare gli utili dei proponenti, in base agli attuali incentivi alla produzione di elettricità da biomasse.
     A nostro avviso è giustificata l'opposizione alla realizzazione di questi impianti sia da parte delle comunità interessate, sia, spesso dei loro rappresentanti, in quanto le centrali a biomasse proposte non sono assolutamente una scelta obbligata, né tantomeno una scelta strategica allo sviluppo del Paese. Molti dei problemi ambientali e sanitari indotti dal loro esercizio potrebbero essere evitati o fortemente ridotti, se al posto della combustione delle biomasse venisse realizzato un diverso impianto per la produzione di energia da biomasse (ad esempio trattamento anaerobico delle biomasse con produzione di biogas e compost), con una capacità di trattamento idonea alla produzione locale degli scarti agricoli e di allevamento e degli scarti biodegradabili dei rifiuti urbani, raccolti con una opportuna separazione alla fonte.

Dr. Federico Valerio
S.S. Chimica Ambientale
Istituto Nazionale Ricerca Cancro, Genova


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